L’architetto Cornero sul caso del Mulino di corso Savona: “Non si vogliono rischiare scenari lontani dall’abitudine”

Il dibattito sul tema demolizioni e salvataggio dei platani legato al progetto dell’ex mulino Valente di corso Savona, sulla cui area sorgerà un supermercato Lidl, si allarga con nuovi significativi interventi.
Oltre a quelli pubblicati sulla rivista Astigiani pubblichiamo on line questo intervento a firma dell’architetto astigiano Filippo Cornero. L’Associazione Astigiani ospiterà sul sito e sui social ogni parere sul tema, convinti come siamo che la discussione non sia inutile e che le scelte non siano mai “irremovibili”.

L’architetto astigiano Filippo Cornero

Il “caso” del Mulino offre lo spunto per ragionare non tanto sulla legittimità o meno delle scelte poste in essere da una o dall’altra parte ma sulle modalità di definizione delle opzioni “condivise” fra pubblico e privato che hanno condotto al risultato “quasi finale” di cui si discute animatamente.

Questi sono i tempi della concertazione urbanistica, della necessità di non fermarsi alla rigidità dei limiti imposti da strumenti di programmazione vetusti e spesso “castranti”, del dialogo fra imprenditori con la voglia e il bisogno di fare e Amministrazioni che devono favorire gli investimenti sul territorio. Investimenti che non possono risultare “solo” necessariamente finanziari ma anche, o forse soprattutto, investimenti di sviluppo, di crescita, di salvaguardia, di sagacia innovativa.

Abbiamo bisogno di una Parte pubblica che non rincorra soltanto il “profitto economico” necessario per risanare parti di bilancio (garantendo magari bonus di produttività) ma che ricerchi, con lungimiranza e con una buona dose di visione coraggiosa, obiettivi non ordinari, abbandonando o per lo meno allontanandosi il più possibile dal vecchio adagio “si è sempre fatto cosi” oppure dal tragico inciso “ma prima pensiamo alle cose concrete”.

È probabile che tanti degli aspetti incerti emersi dal “casus Mulino” si sarebbero potuti affrontare olisticamente ampliando le vedute e alzando l’asticella degli obiettivi irrinunciabili.

Perché non considerare la riqualificazione dei fabbricati circostanti, decisamente ammalorati e orientati alla ghettizzazione?

Perché non ragionare sulla salvaguardia dei platani che ormai costituiscono un valore aggiunto anche in termini di immagine per entrambe le parti?

Perché non allargare il ragionamento, invece che unicamente alla “necessità” di riconoscimento di un nuovo addensamento commerciale in zona, per arrivare fino a interpellare il fiume ed il suo ruolo di “cittadino onorario” da valorizzare (anche se questo termine non sta molto a cuore ad alcuni soggetti ambientalisti)?

Non credo in alcun modo ci sia stata malafede o voglia di aggirare e semplificare le procedure per massimizzare il profitto (queste sono operazioni i cui numeri garantiscono ampi spazi di manovra), credo che talvolta manchi la voglia di rischiare qualcosa di troppo sconosciuto che potrebbe rivelare scenari eccessivamente lontani dall’abitudine.

Filippo Cornero, architetto