Continuano ad arrivare testimonianze che arricchiscono il Diario della Quarantena pubblicato su Astigiani di giugno che ne contiene già più di 130. Chi volesse aggiungere il suo contributo al Diario può ancora farlo scrivendo a info@astigiani.it. Si prega di indicare nome cognome, attività e non superare le 2500 battute. Ricordiamo che Astigiani,”speciale pandemia”, è in tutte le edicole dell’Astigiano e nelle principali librerie.
Con la mascherina parlano gli occhi
Rosa Gallo
Impiegata, Asti
Mi sembrava quasi di vivere la canzone di Celentano “il ragazzo della via Gluck”, e il ritornello che dice: “…ma un giorno disse vado in città e lo diceva mentre piangeva…”. In fin dei conti anche io sono un po’ la ragazza della via Gluck. In questa casa ci abito da quando ero ragazzina, non c’era il parco Biberach, ma solo un grande campo con alberi, rovi e sterpaglie, però c’era la casa sull’albero, roba seria da giovani marmotte, i cortili esterni avevano tutti vasi fioriti… Ora, dopo questa forzata reclusione, ho paura a lasciarla, questa casa di quel condominio, oggi un po’ meno fiorito. La domanda è ricorrente: “Chissà come sarà dopo”.
Chissà come sarà la mattina prepararsi e vestirsi per andare fuori, uscire. Chissà come sarà guardarsi allo specchio, truccarsi, scegliere un abito. Ho imparato da questa reclusione che in fondo non mi serve nulla o comunque poco, che con una tuta da ginnastica sono vestita, che tutti i miei anelli non mi sono più serviti, che le collane neppure. Ci siamo addormentati in un mondo e ci siamo svegliati in un’altro e l’unica cosa veramente vera è la mascherina. Già… la mascherina. Mascherine come maschere che coprono i ragionamenti scomodi. Però bisognerà conviverci. Non riesco a pensare ad un abito lungo, elegante, ad un tailleur di quelli strani, un po’ bizzarri, scollati, con un tacco 12 e …la mascherina. Magari al ristorante o sulla passeggiata al mare, con il caldo che preme sul viso ancora di più…
Abbracci e baci all’improvviso sono diventate armi, tutto capovolto, tutto al contrario. E io? Quando potrò abbracciare e quando si vedrà che sorrido, e non soltanto dagli occhi. Che gli occhi loro parlano, dicono tanto, a volte troppo. Con la mascherina non si potranno più vedere i sorrisi, le smorfie, le delusioni, neppure i denti che mordono le labbra per non dire, e che dire poi delle labbra, quanto sono belle e non poterle guardare. Dovremo capirlo dagli occhi, dagli sguardi, dal modo in cui gesticoleremo se le bocche avranno i lati all’in su o all’in giù. Non lo so come farò ad andare oltre la reclusione che sto vivendo e accettare la mascherina. È cambiato tutto, anche il mio giudizio verso le persone, oggi sempre di più ho capito che ci sono persone indispensabili e persone facilmente “sostituibili”.
Ecco, è proprio in momenti come questo, che dai ad ognuno, il giusto valore. E questo vale per me che sono adulta, i miei figli, invece, ormai ragazzi, non dicono nulla. Hanno accettato in buon ordine la reclusione, almeno così pare. All’inizio a loro stava bene perché era vista come qualche giorno di vacanza in più, che a stare a casa e poter dormire la mattina non era poi così male, poi i giorni diventavano mesi e non hanno detto più nulla… Loro aspettano come fossero sedati, in letargo, in attesa di una primavera che quando arriverà non sarà più questa ma un’altra, di un un’altro anno, oppure sarà già Natale. Sono in casa oramai da quasi due mesi, in un po’ più di cento metri quadri che si fanno bastare. Sono bravi i nostri ragazzi, dall’inizio sono stati ben più diligenti e osservanti delle regole di molti adulti strafottenti e irresponsabili.
Questi ragazzi si stanno perdendo, gli amici, le uscite spensierate, gli abbracci, gli amori, le delusioni degli amori, ma soprattutto, la paura maggiore è il fatto che in questo storico momento per loro non ci sia o comunque non si veda un futuro. Lo si vede anche dai sorrisi e dall’attesa delle lezioni online, non tanto (forse) per la lezione in sé, quanto perché gli permette di vedere l’insegnante e i compagni e provare a fare finta di esserci davvero in classe, insieme, come prima della reclusione . La paura del futuro, il loro, di poter dire: “appena finirà l’esame di maturità andrò in vacanza con i miei amici e a settembre inizierò a lavorare, oppure a cercarlo un lavoro.” Quanta paura oggi hanno “loro” di immaginare un futuro che non si vede, che tutto ciò che ieri sembrava facile, oggi non lo è più. C’è incertezza sul futuro. Questa parola spaventosa oggi è la protagonista… “incertezza”. Dobbiamo accettarla?
Pare di sì, che al momento non si possa fare diversamente e che neppure i sogni oggi aiutino a sognare. Comprendo più che mai quanto la vita sia fatta dalle persone che la riempiono, che sia fatta di incontri prima ancora che di luoghi, che sia fatta di storie, di racconti di vite. Dentro me in questi giorni, mille pensieri, il passato, persone che ho vissuto per un giorno, poche ore, per sempre, o per anni. Gli incontri, gli scontri, l’amore, l’odio, l’indifferenza. In questi giorni e in queste notti, si affacciano paure, timori e malinconie, e sono cambiata un po’ anche io. In questa lotta psicologica capisco che non guarirò quando smetterò di pensarci, ma quando ci penserò e sentirò che non farà più male.
Mi restano i pensieri a ricordare la vita di prima, fortunata, rattoppata, audace, stronza e buona, sconquassata e felice. Mi ritrovo a pensarla con tutte le cose che l’hanno resa unica, affascinante e bellissima. Dagli errori ho imparato che la felicità se ne è sempre fottuta se era giusto o sbagliato e che poche cose sono così liberatorie come ridere di ciò che mi aveva fatto piangere…. e i pensieri vanno indietro per provare a prendere la rincorsa, lanciarsi, tuffarsi e guardare quanto era straordinariamente bella e comprendo che per avvicinarmi alla felicità devo allontanarmi da ciò che mi fa credere che non esista. La vita, bella come il sole e il mare, bella come vorrei tornasse ad essere, bella come gli abbracci stretti stretti e bella come i baci, che con i baci e gli abbracci sarebbe come fare un salto oltre la mascherina.