Passato remoto
Asti e Venezia si disputano San Secondo
Trafugata la reliquia? Mille anni di Mistero
Il santo protettore di Asti è conteso dai veneziani che sostengono di averne la reliquia. è una storia lunga mille anni. Sulla laguna c’é un’isola dedicata al santo martire legionario romano e il suo corpo sarebbe custodito nell’urna di una importante chiesa veneziana affrescata dal Tiepolo e dal Tintoretto. La leggenda narra di rapimenti notturni e sotterfugi, miracoli e processioni. Gli astigiani rispondono dimostrando, anche con l’uso della datazione scientifica del carbonio 14, che la reliquia custodita nella cripta della Collegiata è compatibile con l’età romana. I veneziani si sarebbero presi il corpo mummificato di un vescovo di qualche secolo dopo.
di Maura Maria Rosa
Venerato dalla Serenissima in compagnia di San Marco e San Nicola
Anche a Venezia si venera il martire cristiano San Secondo d’Asti, e anzi in laguna sono convinti di essere loro i custodi delle sue reliquie. è un giallo lungo mille anni, intrigante e misterioso.
Tutto parte dalla piccola isola dedicata a San Secondo che si scorge a soli 114 metri a sinistra del Ponte della Libertà, per chi va verso Venezia in auto o in treno. Oggi è ricoperta dalla vegetazione che sommerge quanto resta delle vecchie edificazioni militari ottocentesche. Per otto secoli, per la sua posizione a metà strada tra Venezia e la terraferma, quest’isoletta ha avuto un ruolo importante.
E non c’è solo l’isola intitolata a San Secondo. In una bella chiesa, affrescata da Tiepolo e Tintoretto, Santa Maria del Rosario, detta “dei Gesuati”, con l’imponente facciata che domina il tratto omonimo della Fondamenta delle Zattere, è custodita la presunta tomba di San Secondo di Asti.
Il sacrestano spiega che lì è sepolto il Santo sottratto illo tempore agli astigiani. Come e da chi sarebbe stato ordito questo rapimento? Ecco dunque la “versione veneziana” della storia di San Secondo.
Verso l’Anno Mille gli abitanti di Venezia non erano più i fuggiaschi che l’avevano fondata: la Serenissima dominava l’Adriatico che i veneziani chiamavano “Golfo di Venezia”. A una città così ricca di traffici e ambizioni, servivano dunque santi protettori adeguati. Era l’epoca d’oro delle reliquie: le chiese che ospitavano i sacri resti più venerati erano importanti mete di pellegrinaggio; la presenza di reliquie assicurava un afflusso di fedeli e offerte.
Venezia aveva già un santo patrono di grande prestigio sottratto ai musulmani: San Marco, uno dei quattro Evangelisti, e ne aveva adottato il leone come simbolo.
Altro santo “arruolato” fu Nicola di Myra, venerato in tutto il Mediterraneo e conteso con i baresi. In laguna gli avevano dedicato una chiesa intitolata a San Nicoleto al Lido. All’epoca i veneziani pensarono che serviva un guardiano verso la terraferma e il nobile cavaliere romano, che dava lustro alla chiesa di Asti, poteva andare benissimo.
Il culto per San Secondo è documentato a Venezia dopo il Mille. Un documento (relativo alla vendita di un fondo) afferma che le spoglie del Santo astigiano vi sono state traslate il 4 giugno 1186. Ma per quali vie sarebbero giunte?
La leggenda veneziana più antica racconta come dopo il martirio il corpo sia stato sepolto in una cassa di piombo e ignorato ad Asti per 333 anni. Ritrovato per divina ispirazione, la sua fama e i suoi miracoli si diffusero rapidamente. Il furto fu perpetrato da alcuni mercanti veneziani, che frequentavano assiduamente Asti (probabilmente risalendo in barca il Po e il Tanaro). In quel tempo, in tutto il Nord Europa (soprattutto in Francia) dominavano i mercanti delle città italiane (Milano, Asti, Cremona, Piacenza, Pavia, Lucca, Siena, Firenze), che venivano genericamente definiti “lombardi”. Arrivate a Venezia, le reliquie avrebbero dovuto essere traslate nella chiesa di San Geremia, ma davanti all’isola delle suore benedettine il maltempo costrinse i mercanti a fermarsi e la tempesta non cessò finché non si decise di deporvi il Santo che iniziò subito a fare miracoli e soppiantò in breve la fama di sant’ Erasmo. Una seconda leggenda, più tarda e marziale, afferma invece che, al tempo delle contese tra Federico II e papa Gregorio IX, il figlio del doge Tiepolo conquistò Asti e prese il corpo del Santo come bottino bellico. Un evento storicamente inventato perché non risulta che Asti e Venezia si siano mai fatte guerra.
Come le reliquie di San Secondo sarebbero arrivate a Venezia
La festa di San Secondo a Venezia è celebrata dal 4 al 6 giugno, giorni dell’arrivo a Venezia delle spoglie, ed era un evento religioso di grande importanza e devozione.
Gli astigiani hanno sempre negato la tesi dei veneziani. Secondo lo storico cinquecentesco Ferdinando Ughelli, «il 26 marzo 1212, si sparse in città (Asti) la voce che le reliquie del patrono San Secondo fossero state trafugate e trasportate a Venezia. La mattina dopo, il vescovo Guidetto accompagnato dai canonici della Collegiata e dal podestà Ugo del Carretto aprirono il sacello trovando le reliquie al loro posto e si affrettò a smentire le voci di un trafugamento delle reliquie del martire da parte dei veneziani, attribuendo loro, invece, il furto delle spoglie mortali dell’omonimo vescovo». Oltre all’episodio riferito dall’Ughelli, ancora nel 1471 il vescovo astese Scipione Damiani fece una seconda ispezione al corpo del Santo, trovandolo intatto e col capo reciso.
Dal 1696 la cattedrale di Asti ospita un affresco che rappresentata la versione astigiana e la solenne traslazione della reliquia nella chiesa dedicata al Santo, la cui facciata è raffigurata con grande precisione. Dunque i veneziani avrebbero preso o comperato dagli astigiani il corpo mummificato di un vescovo di nome Secondo? In laguna per secoli hanno preferito la tesi del santo guerriero, venerato anche da migliaia di crociati in partenza per la Terra Santa.
Tra gli ex voto lasciati al santo anche un paio di speroni da guerra in argento dorato, probabile dono del re d’Inghilterra, Enrico IV di ritorno nel 1393 dalla Terrasanta.
A San Secondo si attribuiscono anche miracoli di pace: fa sgorgare acqua dai pozzi secchi, cheta il mare per i naviganti che bruciano candele e stoppa strofinate sul santo corpo prima di imbarcarsi, risana dal male e aiuta le donne a partorire. Le spoglie veneziane non sono però integre: un dito lo portarono con loro le suore alla Giudecca, quando sull’Isola vennero sostituite dai domenicani, un altro dito si trova a Salò, una costola fu donata al re cattolicissimo Filippo II ed è all’Escorial. Per secoli il mercato delle reliquie fu vorticoso. L’isoletta che porta il nome di San Secondo diventò un centro nevralgico della potente Serenissima.
Sentinella della laguna
Il nome cambiò, come detto, quando vi furono portate le reliquie di San Secondo d’Asti. Si dice che, con l’arrivo del corpo del santo nell’isola, improvvisamente sgorgò miracolosa acqua dolce da un pozzo.
Il monastero, nel suo periodo d’oro, era costituito da edifici conventuali, da chiesa con campanile, orti e giardini; lungo il perimetro s’alzava un alto muro di protezione dalle incursioni e dalle mareggiate. Nel 1534, la proprietà dell’isola passò ai domenicani; la chiesa subì vari restauri finché, dopo un incendio, venne riedificata e consacrata nel 1608; nel 1692 venne rinnovata la cappella dedicata al Santo Secondo d’Asti, il cui corpo era deposto sopra un altare di marmo, chiusa da una grande grata di ferro battuto. L’isola era frequentata dai fedeli richiamati da numerosi eventi miracolosi. Durante una peste, ospitò anche l’ambasciatore di Francia. L’isola annoverò fra i visitatori anche Giacomo Casanova. Dopo secoli di splendore, sopraggiunse il declino.
Nel 1797, quando le truppe austriache e napoleoniche si fronteggiavano, la posizione strategica dell’isoletta la portò a essere armata di una grossa batteria dal Senato della Serenissima. Caduta la Repubblica, il 28 luglio 1806, i francesi occupanti soppressero nella sola Venezia 15 monasteri maschili e 19 femminili tra cui quello di San Secondo e l’isola divenne proprietà del Demanio Militare.
Il corpo del Santo fu trasportato alla chiesa dei Gesuati, la pala dell’Altare maggiore nella chiesa dello Spirito Santo, sempre alle Zattere; il resto andò disperso o distrutto.
Il culto di San Secondo si affievolì.
I francesi prima e gli austriaci in seguito fortificarono l’isola. Durante l’assedio di Venezia del 1848 rappresentò l’estremo baluardo nella difesa della città e della Repubblica di San Marco, ma dovette capitolare quando nel mese di agosto fu sottoposta ai pesanti bombardamenti delle truppe austriache che distrussero le opere di fortificazione e ispirarono i celebri versi: «Il morbo infuria/il pan ci manca./Sul ponte sventola/bandiera bianca!»
Durante il Regno d’Italia fu confermata per alcuni decenni la destinazione militare dell’isola; venne quindi concessa in affitto al Comune di Venezia e utilizzata anche come fabbrica di fuochi d’artificio. Nel 1937 venne subaffittata alla ditta Junghans per operazioni di caricamento di ordigni bellici. Nel 1950 il Comune decise di restituirla al Demanio. Per alcuni anni ancora nell’isola fu ospitata una famiglia, ma da circa trent’anni è stata abbandonata completamente, sempre più soggetta al vandalismo e all’erosione: agli inizi del secolo infatti la superficie dell’isola di San Secondo risultava essere di circa 2 ettari, ma già nel 1936 si era ridotta a ettari 1,25.
Nel 2001 si progettò di farne un porto turistico, servito da un traghetto per Venezia.
Non manca la leggenda di un fantasma guardiano: una giovane monaca, ospite di quel primo monastero, che per la sua condotta un po’ licenziosa (v’è in Veneto un detto che recita dove ghe s’è campane, ghe s’è putane) venne murata viva dalle consorelle in una cella del monastero. Da allora, lo spirito di quella sciagurata, bellissima e di nobili origini, continua a vagare per l’isola.
Ovviamente, l’argomento più avvincente resta la risposta al quesito «Chi ha ragione, tra astigiani e veneziani? Dopo quasi mille anni, si può determinare dove sia realmente sepolto San Secondo?».
Già nel Settecento, le certezze veneziane subirono un fiero colpo. Nel 1766 fu fatta una ricognizione del corpo, alla presenza del Vescovo, appurando che il capo della mummia non era stato di certo troncato durante una decapitazione.
L’ultimo atto della ricerca storica e della disputa tra veneziani e astigiani, per ora, è stato l’esame al carbonio 14 effettuato pochi anni fa, le cui risultanze danno ragione agli astigiani.
Quella veneziana è una mummia risalente al IV secolo dopo Cristo, di un uomo maturo, senza traumi o ferite, anzi, la cui salma è stata da subito curata con venerazione, non certo seppellita col disprezzo per un condannato a morte: potrebbe proprio essere uno dei primi vescovi astesi del IV secolo.
Nell’isola si aggira un bel fantasma guardiano
A Venezia si è svolto anche un convegno sul tema.
I resti del San Secondo astigiano sarebbero del I secolo (ma il carbonio ha un margine di errore non piccolo e dunque la leggenda che lo situa all’epoca di Diocleziano è compatibile). In altre casse sono stati trovate altre ossa: questo supporta i molti documenti, che parlano di “corpi di santi” situati nella Collegiata, oltre al patrono. In particolare un soggetto femminile. Che avvalorerebbe la tesi dell’esistenza di una lapide, ora scomparsa, che parlava di due sante, Enga e Gaia, che qualcuno voleva identificare come le sorelle di Secondo.
Quanta parte di questi racconti sono storici e quanto è leggenda?
Resta la comune devozione per il San Secondo che ha diviso e unito idealmente astigiani e veneziani da secoli.
SCHEDE
Il carbonio 14 ha dato ragione agli astigiani
Oltre a quello di Asti, martirizzato intorno al 119 (o 120, o 134) sono considerati nella Bibliotheca Sanctorum una ventina di altri San Secondo. Per tentare di capire chi fosse la mummia custodita nella città lagunare e le ossa presenti ad Asti, nell’ottobre 2004 si è svolto a Venezia un convengo in cui sono stati discussi gli studi di datazione e gli aspetti storici. Vi partecipò anche mons. Vittorio Croce a nome degli astigiani.
L’esame al radiocarbonio 14, compiuto presso i Geochron Laboratories, divisione delle Krueger Enterprises di Cambridge (Massachusetts), ha datato la mummia veneziana intorno alla metà del IV secolo e alcune delle ossa astigiane alla metà del I secolo cristiano. Un precedente esame, eseguito dalla professoressa Cristina Cattaneo dell’Università di Milano (nella foto tratta da Il Platano 2009, p. 388) sulle ossa astigiane (prima custodite in casse di legno nella sacrestia della Collegiata e ora nella Cripta, in sarcofago di pietra) rilevò la presenza di uno scheletro molto ben conservato accanto ai resti ossei di altre persone.
In base agli studi dunque, il Santo veneziano sarebbe probabilmente un vescovo. Ad avvalorare questa tesi, tra le varie tracce ci sono l’usanza di averne mummificato il corpo, l’assenza di segni di uccisione violenta, l’età piuttosto adulta e segni di sfregamento sui denti (ipoteticamente di una persona che sentiva le sue pesanti responsabilità). Elementi quindi difficilmente attribuibili a un soldato martire del II secolo.
Le ossa astigiane risulterebbero essere invece di uno (o più martiri) della prima epoca cristiana, dunque compatibili con la leggenda del martire soldato o comunque non a un presunto vescovo del IV secolo. Secondo gli astigiani rimarrebbe quindi valida la versione ufficiale, riportata in un affresco del 1696, presente nella navata destra della Cattedrale, nella cui lapide è riportata la falsità della notizia del trasporto furtivo a Venezia.
PER SAPERNE DI PIU’
La maggior parte delle notizie qui riportate sono tratte dal libro San Secondo, un santo tra le Lagune. Altre informazioni storiche si possono reperire in internet in vari siti dedicati alle Isole della Laguna e alla storia veneziana e dei suoi santi.